L’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) ha reso noto che è stato pubblicato il catalogo con 3 anni di osservazioni delle attività solari: sarà un utile strumento per individuare pianeti simili alla Terra.
Come scritto nella nota dell’INAF: “Si tratta di un insieme di dati senza precedenti in termini di precisione e dimensione del campione”, spiega Xavier Dumusque, ricercatore all’Università di Ginevra (Svizzera), “e sono convinto che aiuteranno la comunità nel difficile percorso verso il rilevamento della Terra 2.0”.
La misurazione della velocità radiale
Una delle tecniche usate per scoprire esopianeti è la “misurazione della velocità radiale”, a cui si deve nel 2019, l’intercettazione di un pianeta che ruotava intorno ad una stella simile al Sole. Per la scoperta fu dato il Premio Nobel per la Fisica a Michel Mayor e Didier Queloz.
Per scoprire nuovi pianeti, la tecnica della misurazione della velocità radiale si basa sulla rilevazione delle perturbazioni causate dall’attrazione gravitazionale dei pianeti sul segnale proveniente dalle stelle.
Perché sono importanti le osservazioni del Sole?
Il metodo della misurazione della velocità radiale delle stelle ha un limite per quanto riguarda la ricerca di piccoli pianeti che possano somigliare alla nostra Terra. Infatti, a causa delle perturbazioni derivanti dalle stesse stelle, i molti avanzamenti raggiunti con gli strumenti ad alta precisione, possono risultare vani.
Un concreto esempio di come le perturbazioni generate dalle stelle, diventino un problema per le misurazioni, è dato dall’attività del Sole. La sua superficie è in continuo cambiamento, con sacche di gas che ribollendo ne modificano la conformazione. Su questo ribollimento, interferiscono poi, anche i campi magnetici che circondano le macchie solari, le quali bloccano la luce e cambiano velocità con la rotazione del Sole intorno al suo asse.
L’insieme di questi fenomeni che si influenzano a vicenda, subiscono variazioni nel tempo così come l’attività del Sole, che ha cicli più intensi e più attenuati in un periodo di 11 anni.
“Ebbene, tutti i processi qui sopra descritti alterano la velocità apparente del Sole con un’intensità centinaia di volte superiore al segnale prodotto dalla presenza di un pianeta come la Terra. Si tratta di processi che, per essere compresi al punto da poter poi applicare ad altre stelle tecniche in grado di mitigarne gli effetti sulle misure, e dunque per consentire di raggiungere l’obiettivo a lungo termine della ricerca di vita su mondi alieni, richiedono dati di qualità eccezionale.”
Come è avvenuta la raccolta di dati
Allo scopo di recuperare dati di precisione, cinque anni fa, un gruppo internazionale di scienziati di Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Usa) e dell’Università di Ginevra (Svizzera), hanno costruito il telescopio solare a basso costo LCST (low-cost solar telescope).
Il telescopio LCST è stato collegato allo spettrografo Harps-N e il 18 luglio 2015 sono iniziate le osservazioni del Sole, appoggiandosi alla struttura del Telescopio Nazionale Galileo (Tng) dell’Inaf in Spagna, a La Palma (nelle Isole Canarie). Da allora si sono registrati tutti i dati solari ogni cinque minuti, in tutte le giornate con cielo limpido.
Come dichiara David Phillips, ricercatore allo Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics: “La scelta di costruire uno strumento semplice e robusto per osservare il Sole è stata ampiamente ricompensata dal catalogo di dati ricco e unico che Lcst, accoppiato a Harps-N, ci ha permesso di ottenere”.
Dalla raccolta di queste informazioni, sono stati pubblicati studi sui processi fisici che generano le variazioni intrinseche della velocità radiale stellare.
Secondo Ennio Poretti direttore del TNG, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, grazie all’abbinamento fra Harps-N e LCST, si è reso il Telescopio Galileo efficiente in ogni giorno dell’anno, compresa la notte. E’ questa combinazione di strumenti che ha consentito la raccolta di un flusso di dati continuo.
Ora, per ottenere i livelli di precisione necessari per intercettare pianeti simili alla Terra, occorre una collaborazione internazionale per confrontarsi sulle informazioni ricevute.
Con tale obiettivo di aperta condivisione, i dati raccolti nei primi 3 anni di osservazioni, sono stati messi a disposizione e sono accessibili sul Data & Analysis Center for Exoplanets ospitato presso l’Università di Ginevra.