E’ possibile la produzione di biocarburanti dagli scarti dell’Anguria Malali, una qualità del frutto coltivata in Israele. L’Anguria Malali è apprezzata per i suoi semi croccanti e non tanto per la sua polpa. I semi sono l’unica parte usata, mentre il resto di questo frutto viene gettato nei campi.
Un nuovo studio israeliano ha scoperto che la parte eccedente dell’Anguria Malali può essere impiegata per produrre etanolo, un carburante biologico ed alternativo per i mezzi di trasporto. L’etanolo è anche l’ingrediente primario dell’alcol.
Cosa sono i biocarburanti?
I biocarburanti sono carburanti di origine organica, ricavati da sostanze agricole come materie prime, legno, alghe, biomasse. Sono in grado di sostituire i carburanti petroliferi fossili come benzina e diesel.
I carburanti biologici sono una risorsa rinnovabile, poichè per la loro produzione si sfruttano materie prime che si possono riprodurre o rigenerare in poco tempo in modo sostenibile.
Attualmente quelli esistenti sono: biodiesel, bioetanolo, biogas.
Il biocarburante: gli scarti diventano risorse
Come si può ben comprendere, in quest’epoca di ricerca di soluzioni ecosostenibili, la scoperta di nuovi metodi per produrre biocarburanti è fondamentale.
Ogni paese può trovare conveniente reimpiegare prodotti di scarto agroalimentari tipici del proprio territorio.
E’ il caso dell’Israele che producendo il particolare tipo di Anguria Malali, la quale prende il nome dal villaggio di origine Kfar Malal, ha potuto osservare che lo spreco degli scarti può trasformarsi in una risorsa.
Processo di produzione dell’Anguria Malali
Ad oggi l’Anguria Malali viene coltivata in Israele, su un’area complessiva di 40.000 dunam e a differenza di altre varietà, che contengono pochi semi, o nessuno, questa anguria ne è piena.
Le coltivazioni locali di anguria forniscono al settore alimentare circa 2.800 tonnellate di semi l’anno.
A un certo punto della crescita, gli agricoltori smettono di annaffiare le angurie per circa due settimane, il che provoca uno stress fisiologico dei frutti. Questo stress incoraggia i meloni a prendersi cura della “prossima generazione”, accelerando il processo di maturazione dei semi.
Quando i semi sono maturi, una mietitrebbia separa i semi dal frutto e li raccoglie.
Tuttavia, la polpa e la buccia, che insieme costituiscono il 97% del peso dell’anguria, non vengono raccolte ma gettate nel campo.
“Lo spreco qui è chiaro e lampante”, dice Yoram Gerchman, professore associato del Dipartimento di Biologia e Ambiente dell’Università di Haifa e dell’Oranim Academic College, che è stato supervisore della ricerca condotta da uno dei suoi studenti presso il suo laboratorio.
Lo spreco enorme di questi residui ha effetti anche sull’ambiente: infatti la polpa costituisce il 59% del peso dell’Anguria Malali, ma poichè non viene venduta come alimento perché non è molto gustosa, ogni anno si sprecano nei campi circa 56.000 tonnellate di polpa. Di queste circa 5.600 tonnellate sono rappresentante da zuccheri di cui vari batteri e funghi nel terreno iniziano a cibarsi, rilasciando gas serra (per lo più diossido di carbonio).
Questo processo contribuisce negativamente sull’effetto serra, e di conseguenza sulla crisi climatica.
Secondo i calcoli dei ricercatori, ogni anno vengono emesse nell’atmosfera fino a 8.200 tonnellate di anidride carbonica, a causa degli scarti dell’anguria. In più altra anidride carbonica viene rilasciata durante il processo di produzione di questi frutti a causa dell’uso di strumenti agricoli, fertilizzanti, e acqua – e tutto per un prodotto che viene sprecato al 97%.
Produrre bioetanolo dalla polpa dell’anguria
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno preso in esame la possibilità di produrre etanolo dalla polpa dell’anguria.
Oggi, vi sono motori alimentati da etanolo, ma anche un normale motore a benzina può funzionare con benzina contenente fino al 10% di etanolo.
Uno dei benefici associati all’uso del bio-etanolo, e dei biocarburanti in generale, è la riduzione della dipendenza dai carburanti fossili: carbone, petrolio, e gas naturale, le cui riserve vengono depauperate senza la possibilità di essere rigenerate, e il cui utilizzo produce notevoli emissioni di gas serra.
Inoltre, un altro vantaggio per lo stato di Israele è che al momento non c’è un’industria di etanolo e questo consentirebbe di produrlo senza occupare ulteriori terreni agricoli.
Quando un’anguria non viene annaffiata, perde i suoi liquidi, ma non il suo contenuto di zuccheri. Pertanto, la percentuale di zucchero presente nelle Angurie Malali mature è alta, arrivando al 18%, contro solo il 10% delle varietà edibili.
Oltre all’etanolo, i ricercatori hanno, poi, preso in esame la possibilità di usare gli scarti dell’anguria per produrre licopene: un integratore alimentare venduto nei negozi di alimenti naturali come antiossidante.
Il licopene, che è presente in grandi quantità nell’anguria e che le conferisce il suo colore rosso, viene generalmente prodotto da pomodori coltivati proprio per questo scopo.
Gerchman spera che, in futuro, la produzione di etanolo dagli scarti di angurie possa diventare una realtà implementata nei campi.
Tuttavia, visto che l’industria israeliana delle angurie è piuttosto piccola, la quantità di etanolo che può essere prodotta con questo sistema sarebbe pari a sole a 2.900 tonnellate l’anno (mentre la quantità di benzina usata in Israele è di 3,2 milioni di tonnellate l’anno).
Bisogna anche considerare che la crescita è stagionale, quindi gli scarti sono disponibili solo in determinati periodi dell’anno.
Secondo Gerchman, nonostante queste limitazioni, estrarre etanolo dalle angurie rimane ancora un vantaggio perché considera che: “Nell’industria dell’etanolo di oggi, la maggior parte dei costi è imputabile alla materia prima, che in questo caso è gratuita”.
(Fonte: Agrapress Rassegna della stampa estera n. 1349, del 30/07/2020)