“C’era una volta una volpe molto furba.
Al suo apparire tutti gli animali del bosco fuggivano, sapendo quanto fosse crudele e insaziabile, tanto che alla fine si ritrovò senza più niente da mangiare.
Affamata, la volpe giunse in un vigneto. Passò di fianco a dei tralci di vite da cui pendevano grossi grappoli d’uva matura, che parevano dolci e succosi.
“Uva? Con la fame che ho, meglio che niente...” si disse la volpe. Così si alzò sulle zampe posteriori e saltò con agilità per afferrare un po’ d’uva, ma non riuscì a raggiungerla. Allora si allontanò per prendere la rincorsa e provò ancora, con tutte le sue forze. Riprovò più e più volte, con ostinazione ma senza alcun successo: i grappoli d’uva sembravano sempre più lontani.
“Cra! Cra! Cra!” rideva dall’alto di un ramo una cornacchia, prendendosi gioco di lei.
“Quest’uva è troppo acerba! Poco importa se non riesco ad afferrarla… ritornerò quando sarà matura!” concluse ad alta voce la volpe, gonfiando il petto per darsi un contegno, nonostante la delusione patita e la pancia vuota”. (Fine della Favola)
La favola “La Volpe e l’Uva” fu scritta da Esopo ed in seguito riproposta da Fedro.
Morale della favola
La morale di questa favola è abbastanza chiara ed esplicita ed invita a non disprezzare ciò che non si può raggiungere con facilità.
Il messaggio educativo è divenuto così popolare da essere spesso citato a chi non riuscendo nel proprio intento, disdegna l’oggetto del proprio desiderio.
Così quando non si ottiene qualcosa si dice: “non fare come la volpe e l’uva“, oppure “quando la volpe non arriva all’uva dice che è acerba“.
Il messaggio della favola è quello di non “gonfiarsi” come fa la volpe, troppo orgogliosa per ammettere di non essere riuscita nel suo scopo, ma di saper accettare la sconfitta e mantenersi obiettivi, magari cercando di impegnarsi di più e meglio se si desidera davvero raggiungere la meta.
In fondo, nel disdegno della volpe si legge l’amarezza del suo insuccesso e l’incapacità di farsi umile, situazione che ritroviamo spesso nel comportamento umano.
Anche Luigi Pirandello su questa favola si espresse dicendo: “Avete voi riso della favola della volpe e dell’uva? Io no, mai. Perché nessuna saggezza m’è apparsa più saggia di questa, che insegna a guarir d’ogni voglia disprezzandola.”
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Cenni sull’autore
Esopo (620 a.C. circa – 560 a.C. circa) fu uno scrittore greco antico e visse nel VI secolo a.C., nell’epoca di Creso e Pisistrato; era un grande scrittore di favole. Le sue opere ebbero una grandissima influenza sulla cultura occidentale: le sue favole sono tutt’oggi estremamente popolari e note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un unico autore. I primi racconti in forma di favola che ci sono stati tramandati sono i suoi.
Della sua vita si ha una conoscenza soltanto episodica, basata su pochi riferimenti presenti nell’opera di scrittori di epoca successiva come Aristofane, Platone, Senofonte, Erodoto, Aristotele e Plutarco. Un riferimento alla figura di Esopo si trova anche nella fiaba egizia della schiava Rhodopis, o Rodopi, un antico prototipo di Cenerentola e altri racconti di favole e fiabe. Una fonte decisamente successiva è una Vita di Esopo che raccoglie gran parte dei racconti popolari su Esopo. La mancanza di fonti certe e riferimenti coevi ha portato alcuni studiosi a mettere in dubbio la maggior parte della tradizione sulla vita di Esopo (e persino la sua stessa esistenza).
Le favole attribuite ad Esopo hanno un scopo educativo in cui attraverso i personaggi si mettono in risalto qualità, vizi e virtù che appartengono all’essere umano.
Più spesso si ritrovano caratteristiche incarnate simbolicamente da animali che rimandano all’astuzia, alla stoltezza, all’inganno, alla verità, e all’apparenza.
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Per il loro valore educativo le favole di Esopo furono apprezzate dal re di Francia Luigi XIV che sul finire del XVII secolo gli dedicò una serie di statue in 39 fontane poste all’interno di un labirinto.