Partendo da 139 diversi ceppi, i ricercatori dell’Università di Pisa hanno selezionato 39 nuovi superlieviti per pane con caratteristiche più benefiche.
Dapprima sono stati isolati 139 lieviti da alimenti fermentati a base di cereali. La selezione è stata fatta in base alle loro attività di fitasi ed antiossidanti. I 39 ceppi che si sono distinti per le loro migliori prestazioni, non derivano dalla contaminazione incrociata con lievito di birra.
Dall’analisi in vivo si è testata la loro capacità lievitante, il contenuto di polifenoli e l’attività fitasica (capacità di eliminare i fitati, composti antinutrizionali contenuti nelle farine di cereali, che limitano l’assorbimento del ferro). Per analizzare i lieviti sono state usate cinque differenti farine integrali ottenute da frumento tenero convenzionale e pigmentato, farro e orzo senza buccia.
La professoressa Manuela Giovannetti dell’Università di Pisa spiega: “Rispetto al convenzionale lievito di birra prodotto industrialmente, i superlieviti hanno conferito agli impasti, durante la fermentazione, una più elevata capacità antiossidante e un più alto contenuto in polifenoli e antocianine“.
La maggior parte dei lieviti selezionati appartengono a S. cerevisiae, la specie più comunemente presente nei lieviti madre.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.
Il Pane più salutare con le “Farine speciali” ricche di nutrienti e i superlieviti
E’ stata trovata la combinazione migliore fra lieviti e cereali, grazie all’analisi di impasti fermentati con i diversi ceppi di lievito ed una selezione di “farine speciali”. La selezione è stata fatta nei laboratori dell’Università di Torino e le farine sono quelle di farro, di orzo e di tre varietà di grano, una convenzionale, una a seme giallo ricca in carotenoidi, e una a seme blu ricca in antocianine.
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“Attualmente assistiamo a una crescente richiesta di prodotti da forno che presentino caratteri funzionali benefici per la nostra salute – conclude la professoressa Monica Agnolucci – per questo sono necessari studi sui lieviti naturalmente presenti negli impasti tradizionali, al fine di selezionare i ceppi con le migliori caratteristiche pro-tecnologiche, nutrizionali e nutraceutiche”.
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Lo scopo dello studio è quello di produrre prodotti da forno sani ed a tal fine la linea generale da seguire dovrebbe prevedere un’adeguata integrazione fra farina integrale di cereali e cultivar scelti in base al maggior contenuto di composti bioattivi ed antiossidanti, e ceppi di lievito madre selezionati, che conferiscono le più elevate proprietà funzionali agli impasti fermentati.
La ricerca è stata condotta da Michela Palla, Arianna Grassi, Debora Giordano, Cristina Sgherri, Mike Frank Quartacci, Monica Agnolucci, Manuela Giovannetti per l’Università di Pisa e Amedeo Reyneri e Blandino Massimo per quella di Torino.
I lieviti alimentari a cosa servono?
I lieviti svolgono la funzione di fermentazione negli alimenti e servono a migliorare le proprietà organolettiche, a rendere gli alimenti più digeribili e a conservare meglio i cibi.
Fin dall’antichità la fermentazione ha rappresentato uno dei metodi più utilizzati per trasformare diversi cibi e bevande, dal vino alla birra, dall’aceto allo yogurt, al formaggio, fino al pane, salsicce, olive e al miso.
La fermentazione consiste nella modifica biochimica delle materie prime, promossa da un complesso e stabile consorzio di microrganismi, che trasformano principalmente gli zuccheri in acidi semplici, alcoli e anidride carbonica, migliorando sapore, consistenza e aroma e prolungando la durata dei prodotti fermentati (shelf life). Durante la fermentazione, una vasta gamma di metaboliti secondari, tra cui vitamine, polioli, antiossidanti e composti bioattivi, viene prodotta anche dalle comunità microbiche, aumentando i valori nutrizionali e nutraceutici dei prodotti finali.
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Con la fermentazione oltre alla produzione di anidride carbonica, i lieviti producono etanolo e metaboliti secondari che influenzano la qualità dei prodotti fermentati. Dunque, i lieviti influiscono anche sul sapore del pane, producendo diversi precursori aromatici come esteri, aldeidi e chetoni. In aggiunta, aumentano la shelf-life producendo vari acidi e glicerolo, e influenzano le proprietà funzionali e nutrizionali del pane producendo enzimi e composti antiossidanti.
Come avviene la fermentazione
Esistono più tipi di fermentazione: alcolica aerobica (i microrganismi usano l’ossigeno), alcolica anaerobica (senza uso dell’ossigeno), lattica.
- Nella fermentazione alcolica aerobica i lieviti si combinano con l’ossigeno per trasformare gli zuccheri presenti nell’acol etilico, rilasciando anidrite carbonica.
- Nella fermentazione anaerobica, gli zuccheri si convertono in anidrite carbonica ed etanolo.
- La fermentazione lattica avviene in presenza di batteri del genere Lactobacillus presenti nelle materie prime, che prevalendo sui lieviti innescano il processo che porta alla creazione di gas ed alla lievitazione. Questo è il caso della pasta madre, nella quale l’impasto di acqua e farina a contatto con l’aria e l’ambiente, contiene naturalmente anche una microflora batterica. I batteri lattici che producono anidrite carbonica, acido lattico e acetico, si sviluppano e fermentano, facendo gonfiare l’impasto.
Da millenni, fra gli alimenti fermentati di più largo consumo, c’è il pane a lievitazione naturale, derivato dalla fermentazione dei cereali.
L’importanza dei lieviti naturali
Dallo studio di specie e ceppi diversi di microrganismi, si è compreso che ognuno di essi ha degli schemi metabolici diversi e pertanto può conferire proprietà specifiche a ciascun pane a lievitazione naturale. Ad esempio, alcuni ceppi sintetizzano aminoacidi o vitamine essenziali, cioè tiamina, vitamina E e folati, altri producono esopolisaccaridi prebiotici (EPS) e composti bioattivi come polifenoli, acidi organici, peptidi e derivati amminoacidici, cioè acido γ-ammino butirrico ( GABA). Inoltre, i ceppi microbici possono produrre enzimi, cioè proteasi, fitasi o lipasi, e degradare fattori antinutrizionali come raffinosio e acido fitico che chelano ferro, calcio, magnesio e zinco, riducendone la biodisponibilità.
Che cos’è il lievito naturale
Come si legge nel testo della ricerca: “Il lievito naturale è una miscela di farina di cereali e acqua, fermentata da un complesso ecosistema biologico, costituito da batteri lattici (LAB) e lieviti che interagiscono tra loro, stabilendo spesso associazioni stabili e contribuendo alle proprietà benefiche dei pani a lievitazione naturale. Ogni pasta madre ospita diversi laboratori e comunità di lieviti, la cui diversità dipende dal tipo di farina e acqua, dagli ambienti di lavorazione e da vari parametri di processo come temperatura, tempo di fermentazione, numero di rinfreschi e così via. Saccharomyces cerevisiae è la specie di lievito più frequentemente recuperata, seguita da Kazachstania humilis e Wickerhamomyces anomalus, mentre tra i LAB, Lactobacillus sanfranciscensis rappresenta la specie dominante.”
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Miglioratori per pane: si possono evitare se la farina è di qualità!
E’ prassi comune ormai usare nella panificazione i cosiddetti “miglioratori per pane o per pizza“. Si tratta di composti di sostanze che aiutano la lievitazione diminuendone il tempo di attesa e stabilizzando la struttura anche quando si usano farine scadenti.
Miglioratori per pane più usati
I miglioratori più usati sono di tipo enzimatico o non-enzimatico quali:
- Acido ascorbico: composto organico, presente in natura anche sotto forma di vitamica C, aiuta la conservabilità degli alimenti.
- Mono e digliceridi degli acidi grassi (E471 – E472): additivi prodotti sinteticamente che fungono da emulsionanti e stabilizzanti. In particolare migliorano l’estensibilità dell’impasto (L), aumentano la conservabilità (shelf life), migliorano la crosta e rendono omogenea la mollica.
- Strutto: derivato di origine animale che velocizza la lievitazione, riduce la perdita di umidità, dona sapore e dà friabilità.
- Lecitina di soia: emulsionante con simile funzione dei mono e digliceridi degli acidi grassi.
- Glutine essiccato: migliora la forza della farina, aumentando il W. Oggi giorno viene praticamente utilizzato dalla maggior parte dei mulini (difficilmente quelli artigianali) per la produzione di farina da panificazione (da 220W in su).
- Alfa Amilasi: conferiscono una colorazione giallo oro intensa, migliorano la lievitazione e migliorano la trasformazione dell’amido in zuccheri semplici: maltosio, destrine, glucosio.
- Malto (farina di frumento maltata): tra tutti gli additivi (anche se in realtà non lo è affatto) è quello più naturale, infatti si ottiene semplicemente dalla macinazione dell’orzo germinato, da solo o in combinazione del frumento, e successiva macinazione.
- Proteasi: enzima ricavato dal pancreas suino. Riduce la forza dell’impasto.
- Propionato di calcio: sale dell’acido propionico.
- Zucchero (saccarosio): accelera la fermentazione.
- Sale: conferisce naturalmente il sapore ma in quantità eccessive rallenta l’attività dei lieviti.
- E260 – acido acetico, E261 – potassio acetato, E262 – sodio acetato, E263 – calcio acetato, E270 – acido lattico, E280 – acido propionico, E281 – propionato di sodio, E282 – propionato di calcio, E283 – propionato di potassio: sostanze che evitano il “collasso” del glutine.
- E200 – acido sorbico, E202 – potassio sorbato, E203 – calcio sorbato: sostanze antimuffa.
- Alcool Etilico: permette una lunga conservazione del pane in cassetta, non può superare il 2% in peso su sostanza secca e non deve essere allo stesso tempo trattato con acido sorbico, propionico e i loro sali. L’indicazione in etichetta è obbligatoria.
Sono tutte sostanze coadiuvanti della lievitazione di cui l’industria alimentare fa largo impiego e per le quali non vi è obbligo di indicazione nella lista ingredienti. Il motivo è che durante il processo di cottura questi additivi si trasformano chimicamente ed a fine cottura non sono più rilevabili nel pane, ragion per cui possono non essere segnalati in etichetta.
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Perché è meglio mangiare il pane senza miglioratori?
Quando si acquistano prodotti da forno sia nella bottega del panettiere, sia confezionati al supermercato, si ha a che fare con le sostanze sopra menzionate. Il risultato finale è quello di un bel pane dalla crosta croccante, friabile, fragrante, ma non sempre “è tutto oro quello che luccica“, infatti usando i miglioratori chiunque riesce a produrre un prodotto appetibile, ma che di naturale e nutriente ha poco.
Bisogna considerare che produrre il pane o la pasta della pizza con la lievitazione lenta e naturale con pasta madre richiede tempo, esperienza e l’utilizzo di buone farine. Al contrario, con i miglioratori non occorre nulla di tutto ciò!
Anzi, inserendo questi additivi chimici (alcuni di derivazione petrolifera), si possono usare farine con pesticidi chimici e glifosato che provengono da paesi extra-ue e che durante lo stoccaggio possono sviluppare micotossine.
Di per sè alcuni dei miglioratori più diffusi come il malto, il glutine o la lecitina di soia, non sono nocivi se usati entro i limiti, ma quello che risalta è che dal loro uso si presuppone la mancanza di materie prime di qualità.
Altro fattore per cui può essere sconsigliato consumare prodotti da forno con miglioratori è che a causa della mancata indicazione in etichetta, si può andare incontro ad intolleranze o allergie, oppure ingerire sostanze di origine animale (come lo strutto o la proteasi) senza venirne a conoscenza.
(Fonti e approfondimenti: - Ecco i superlieviti e le farine da grani speciali (anche blu) per il pane della salute - I Miglioratori - Guida al lievito e alla lievitazione: tutto quello che c’è da sapere - Miglioratori per pane Striscia la Notizia)