Secondo i risultati di uno studio, le galassie primordiali nell’Universo (fra i 13,5 e i 10 miliardi di anni fa), erano molto più evolute di quanto pensato finora.
Insomma, l’Universo primordiale pullulava di galassie “mature“, come dimostrano le conclusioni del progetto Alpine (the Alma Large Program to Investigate CII at Early Times). Lo studio è il più grande realizzato sulle galassie distanti ed è pubblicato in otto capitoli sulla rivista Astronomy & Astrophysics.
Questi nuovi risultati portano a rivedere le conoscenze raggiunte ad oggi sulla formazione ed evoluzione delle galassie.
Perché è importante lo studio delle galassie primordiali?
Come si legge nell’articolo: “La maggior parte delle galassie si è formata quando l’Universo era ancora molto giovane. La nostra galassia, ad esempio, probabilmente ha iniziato a formarsi 13,6 miliardi di anni fa, nel nostro Universo di 13,8 miliardi di anni. Quando l’Universo aveva solo il dieci per cento della sua età attuale (1-1,5 miliardi di anni dopo il Big Bang), la maggior parte delle galassie sperimentò uno “scatto di crescita”. Durante questo periodo, hanno costruito la maggior parte della loro massa stellare e altre proprietà, come la polvere, il contenuto di elementi pesanti e le forme dei dischi a spirale, che vediamo nelle galassie odierne. Pertanto, se vogliamo imparare come si sono formate galassie come la nostra Via Lattea, è importante studiare quest’epoca.“
Poiché le galassie dell’Universo primordiale non hanno avuto tempo sufficiente per produrre grandi quantità di stelle, gli astronomi non credevano di trovare tanti materiali al loro interno, ossia molte polveri e metalli.
Paolo Cassata, ricercatore Inaf e dell’Università di Padova, uno degli autori dello studio, afferma: “Abbiamo, invece, scoperto che l’Universo primordiale è una vera fucina di galassie. Alcune di queste galassie, le più comuni, cominciano ad accumulare polveri e metalli. Altre invece sono già così polverose da essere completamente invisibili ai telescopi ottici“, tanto da non essere notate nemmeno da Hubble.
Le lontanissime galassie osservate sono state 118, tra cui alcune mai viste. L’osservazione è stata fatta per mezzo della rete di radiotelescopi Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile, gestita dall’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso). Con Alma gli astronomi sono riusciti a penetrare lo spesso strato di gas e polveri che circonda queste galassie primitive, permettendo di svelarne alcuni segreti.
Il progetto è stato seguito anche da altri ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) di Bologna, Firenze e Padova.