L’Amuchina fu scoperta per caso dall’ingegnere elettrotecnico pugliese Oronzio De Nora nel 1923.
Oronzio De Nora, nato al Altamura, scoprì che l’ “ossicloruro elettrolitico” era efficace per disinfettare e cicatrizzare le ferite.
Come racconta Francesca Olivini, curatrice dell’Area Materiali del Museo della Scienza e tecnologia a Milano, l’ing. De Nora si ferì una mano mentre lavorava e non avendo nulla per medicarsi immerse il dito in una soluzione di acqua e sale presente in una cella elettrolitica. Dopo qualche secondo uscì il dito, lo asciugò e coprendolo con un fazzoletto, continuò a lavorare.
Fu così che Oronzio si convinse che la soluzione liquida funzionava come “come prodigioso disfinfettante e cicatrizzante“.
L’ingegnere chiamò la sua scoperta semplicemente “ossicloruro elettrolitico”, ma il padre gli diede poi un nome più commerciale, usando la “A” (alfa privativa) davanti la parola “muche” che deriva dal greco e significa “ferita” ed ecco che nacque: Amuchina, oggi usata e dosata diversamente in base agli impieghi.
Che cos’è l’Amuchina?
L’Amuchina è ipoclorito di sodio, sale di sodio dell’acido ipocloroso (formula chimica NaClO) molto diluito opportunamente per fungere da dinsifettante sia in ambito igienico personale, che alimentare.
L’ipoclorito di sodio viene infatti diluito “dall’1% al 25% circa in soluzione acquosa di colore giallo-paglierino e dal caratteristico odore penetrante, è noto nell’uso comune come sbiancante e disinfettante” e prende diversi nomi in base all’impiego, come ad esempio:
- candeggina, dal verbo candeggiare, che significa rendere candido, bianco, usata per disinfettare sanitari e pavimenti, smacchiare, sbiancare o decolorare tessuti e capi di abbigliamento non colorati;
- varichina, varechina, varachina o varecchina, dal francese “varech“, alga da cui si ricavava la soda.
(Fonte: Wikipedia)